Può sembrare un disturbo passeggero, ma secondo la scienza potrebbe essere uno dei primi segnali dell’Alzheimer: ecco cosa hanno scoperto i ricercatori.
L’ Alzheimer è la malattia dei nostri tempi, tra le più temute, anche da chi non ce l’avrà mai. Può colpire i nostri cari, come una madre, un padre, lasciandoci sgomenti e disorientati, perché quella persona a noi tanto familiare, a causa dell’Alzheimer potrebbe non riconoscersi e non riconoscerci più. Recentemente sono emersi degli studi che assocerebbero questa malattia neurodegenerativa progressiva ad un raffreddore.
All’inizio può sembrare un semplice fastidio stagionale: il naso che non distingue più bene i profumi, l’odore del caffè che si affievolisce o quello del sapone che sembra sparire. Si pensa subito a un raffreddore, all’allergia o magari a un calo momentaneo dell’olfatto. Eppure, secondo nuove ricerche, questa piccola variazione sensoriale potrebbe nascondere qualcosa di molto più serio.
Da tempo la scienza cerca di individuare i segnali più precoci dell’Alzheimer: riuscire a riconoscerla quando è ancora agli inizi significa guadagnare tempo prezioso per rallentare la malattia e migliorare la qualità della vita di chi ne soffre.
Quando il naso “parla” del cervello
Oggi, tra i sintomi più inattesi dell’ Alzheimer, emerge un indizio sorprendente: la perdita dell’olfatto. Non si parla di una perdita totale, come avviene con un raffreddore, ma di una graduale difficoltà a riconoscere odori familiari. È un segnale sottile, spesso ignorato, che però – secondo gli studiosi – potrebbe rappresentare una delle prime spie neurologiche dell’Alzheimer, ben prima che compaiano i problemi di memoria o di linguaggio.

Riconoscere i sintomi iniziali e intervenire subito può aiutare a preservare la memoria e rallentare la progressione della malattia – lingualombarda
A spiegare questa connessione è la neurobiologia. L’olfatto è uno dei sensi più direttamente collegati al cervello: le informazioni sugli odori arrivano quasi subito alle aree che gestiscono emozioni e ricordi, come l’ippocampo e la corteccia entorinale. Sono proprio queste le regioni che, nelle persone affette da Alzheimer, subiscono per prime danni a causa dell’accumulo di proteine anomale (beta-amiloide e tau).
In parole semplici, quando il cervello inizia a essere colpito dalla malattia, una delle prime funzioni che “scricchiola” è quella olfattiva. Il risultato è che il soggetto può confondere odori comuni, non percepirne l’intensità o addirittura non riconoscere affatto profumi familiari, come quello del pane appena sfornato o del detersivo che usa ogni giorno.
Molti potrebbero pensare che la perdita dell’olfatto sia un disturbo banale, ma gli esperti consigliano di prestare attenzione soprattutto se questo sintomo non è accompagnato da raffreddore, sinusite o altre cause evidenti. In questi casi, approfondire con il medico può fare la differenza.
Secondo le ricerche più recenti, il test dell’olfatto potrebbe diventare uno strumento semplice e non invasivo per individuare precocemente l’Alzheimer. Valutare la capacità di riconoscere certi odori potrebbe infatti aiutare i neurologi a identificare le persone più a rischio, consentendo di intervenire prima con terapie mirate, esercizi cognitivi e modifiche dello stile di vita.
Riconoscere la malattia ai primi segnali è oggi una delle priorità della medicina. Sebbene non esista ancora una cura definitiva, i trattamenti disponibili possono rallentarne la progressione, specialmente se iniziati in tempo. Inoltre, sapere di essere a rischio permette alla persona e alla famiglia di prepararsi, di organizzare un supporto adeguato e di adottare strategie di prevenzione cognitiva.
Anche semplici abitudini quotidiane – come mantenere la mente attiva, seguire una dieta equilibrata, fare attività fisica e coltivare relazioni sociali – possono avere un impatto positivo sul cervello e aiutare a preservarne le funzioni più a lungo. L’Alzheimer non si manifesta all’improvviso: spesso manda segnali silenziosi, nascosti nei gesti più semplici.

La perdita dell’olfatto può essere un segnale precoce dell’Alzheimer-lingualombarda






