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Pasta di qualità, l’esperto spiega cosa controllare per non sbagliare acquisto

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Dalla scelta della farina al controllo del colore: ecco i dettagli che permettono di capire se la pasta che stai acquistando è davvero buona e sana

La pasta è uno dei simboli più amati della cucina italiana, un alimento che unisce tradizione, gusto e semplicità. Dalle tavole del Nord a quelle del Sud, ogni regione ha la sua versione preferita, eppure non tutte le paste sono uguali. Nei supermercati se ne trovano decine di tipi, ma riconoscere un prodotto di qualità richiede uno sguardo attento. Spesso, il prezzo o il marchio non bastano: ciò che fa davvero la differenza è la materia prima, la lavorazione e qualche indizio visivo che può dire molto più di quanto sembri. Capire se una pasta è di buona qualità non è complicato: basta imparare a leggere le etichette, osservare il colore, valutare la consistenza e conoscere qualche principio base sulla produzione.

I tipi di pasta e cosa cambia tra una e l’altra

La prima distinzione riguarda la farina utilizzata. La più comune è quella di semola di grano duro, che garantisce tenuta in cottura e sapore deciso. Tuttavia, oggi si trovano anche paste di farro, riso, mais, legumi, grano saraceno, canapa o quinoa, adatte a chi cerca alternative più leggere o senza glutine. Anche il tipo di impasto è importante: la pasta all’uovo, ad esempio, è più ricca e morbida, ideale per lasagne o tagliatelle. La pasta integrale, invece, conserva più fibre e micronutrienti, mentre quella dietetica o stabilizzata è pensata per chi deve controllare alcuni valori nutrizionali.

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I tipi di pasta e cosa cambia tra una e l’altra – lingualombarda.it

La forma non è solo estetica. Le paste ruvide o trafilate al bronzo trattengono meglio i condimenti rispetto a quelle lisce, e spesso sono segno di una lavorazione più artigianale. Che siano spaghetti, penne, fusilli, orecchiette o farfalle, ciò che conta è che mantengano consistenza dopo la cottura, senza rompersi o incollarsi.

Come riconoscere una pasta di buona qualità

Uno dei primi elementi da osservare è il colore. Una pasta troppo gialla, se non è all’uovo, può essere indice di un contenuto eccessivo di glutine o di una lavorazione a temperature troppo elevate, che altera le proteine e i nutrienti. Una buona pasta secca ha una tonalità giallo tenue, leggermente opaca, e non deve sembrare lucida o artificiale. Se appare trasparente o troppo brillante, è probabile che sia stata essiccata rapidamente, compromettendo la qualità.

Altro segnale utile è la superficie: una pasta di qualità ha una grana ruvida o porosa, segno di una trafilatura al bronzo, che favorisce la tenuta del sugo. Al contrario, la superficie liscia e scivolosa tipica delle paste industriali denota una trafilatura al teflon, più economica ma meno pregiata.

Bisogna poi considerare alcuni aspetti nutrizionali. Le paste molto gialle contengono spesso Atis, proteine che possono interferire con gli enzimi pancreatici, mentre un’eccessiva esposizione al calore durante l’essiccazione genera furosina, una sostanza che può risultare irritante per l’intestino. Per questo, leggere con attenzione l’etichetta resta il modo migliore per capire cosa stiamo portando in tavola. Nella pasta fresca, questi elementi sono generalmente assenti, ma cambia il profilo nutrizionale in base alla farina scelta. Una pasta fatta con grani antichi o con farine integrali macinate a pietra, ad esempio, conserva più fibre e minerali, oltre a un sapore più pieno e autentico.

Alla fine, la qualità si misura anche al momento della cottura: una pasta buona non rilascia troppa schiuma, non si incolla, e soprattutto mantiene la sua forma e la sua “mordibilità”. Saper riconoscere una pasta di qualità non è solo questione di gusto, ma anche di salute e consapevolezza. In un’epoca di produzioni industriali e scaffali pieni, imparare a leggere un semplice pacco di pasta è un gesto di cultura alimentare che restituisce valore al piatto simbolo dell’Italia.

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