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Allarme olio extravergine, il test svela la presenza di ftalati: solo Carapelli, Monini e Costa d’Oro promossi

olio extravergine di olivaAllarme olio extravergine, il test svela la presenza di ftalati - lingualombarda.it

Un’inchiesta ha rilevato la presenza di ftalati in 22 bottiglie di olio extravergine, compresi marchi importanti, sollevando dubbi sulla sicurezza della filiera.

Un test condotto dalla rivista francese “60 Millions de Consommateurs” ha acceso un nuovo allarme nel settore dell’olio extravergine di oliva. L’indagine ha rivelato la presenza di ftalati, sostanze chimiche considerate interferenti endocrini, in tutte le 22 bottiglie analizzate, comprese quelle di marchi biologici e noti produttori italiani. Gli ftalati sono composti plastificanti utilizzati in molti materiali industriali e, se presenti in alimenti, rappresentano un rischio per la salute, in particolare per il sistema ormonale e riproduttivo.
Secondo gli esperti, questa scoperta non solo mette in dubbio la purezza di alcuni oli in commercio, ma solleva interrogativi sulla trasparenza e sui controlli all’interno della filiera produttiva europea.

Il test sull’olio extravergine e l’allarme sulla sicurezza

Per poter essere venduto come olio extravergine di oliva, un prodotto deve rispettare i parametri fissati dal Regolamento europeo n. 2022/2104, che stabilisce precisi criteri fisico-chimici e sensoriali. Eppure, proprio questo settore è da anni oggetto di falsificazioni e pratiche scorrette, come etichette ingannevoli o miscelazioni con oli di qualità inferiore. È in questo contesto che la rivista francese ha deciso di eseguire un’analisi approfondita su 22 campioni di oli extravergine venduti in Europa, concentrandosi non solo sulla qualità organolettica, ma anche sulla presenza di contaminanti chimici.

olio extravergine di oliva

Il test sull’olio extravergine e l’allarme sulla sicurezza – lingualombarda.it

I risultati hanno mostrato che la maggior parte dei campioni rispettava i parametri di qualità, ma sette bottiglie presentavano difetti sensoriali tali da non poter essere considerate autentiche. Tra queste è emerso anche l’olio “Primadonna”, commercializzato nei supermercati Lidl, già oggetto di discussione tra i consumatori.
Il dato più allarmante, però, riguarda la presenza di ftalati: ogni bottiglia esaminata conteneva da uno a tre tipi differenti di questi composti. Il campione più contaminato è risultato essere il Carapelli Classico, seguito da altri marchi italiani noti. In alcuni casi è stato individuato anche il dietilesil tereftalato (DEHT), un plastificante alternativo agli ftalati tradizionali, ma i cui effetti a lungo termine sull’uomo restano ancora poco chiari.

Secondo i ricercatori, la contaminazione non avviene durante la spremitura delle olive, ma nelle fasi successive di trasporto, stoccaggio e imbottigliamento. Le sostanze migrerebbero nell’olio attraverso tubi, serbatoi o contenitori in plastica non conformi alla normativa europea, che vieta l’uso di materiali contenenti ftalati per il contatto con alimenti grassi. La scoperta suggerisce che alcune aziende non rispettano pienamente le disposizioni vigenti, evidenziando lacune nei controlli di qualità e nella tracciabilità.

I marchi italiani e la questione della trasparenza

Nonostante l’allarme, alcuni marchi italiani hanno ottenuto risultati positivi nel test. Il Costa d’Oro Riserva Bio ha raggiunto il terzo posto con un punteggio di 14 su 20, dimostrando un buon equilibrio tra qualità e basso livello di contaminazione. Il Carapelli Bio ha ottenuto 13,6 punti, piazzandosi al quinto posto, mentre Carapelli Classico e Monini Classico, pur contenendo tracce di ftalati, hanno ricevuto una valutazione complessiva accettabile con 12,6 punti su 20.
Il test conferma quindi che non tutti gli oli sono da considerarsi a rischio, ma che la presenza diffusa di contaminanti, anche in marchi storici, impone una riflessione sulla sicurezza della filiera.

La trasparenza rimane il punto centrale della questione. I consumatori devono poter sapere cosa contengono realmente i prodotti che acquistano, specialmente quando si tratta di alimenti considerati simbolo della dieta mediterranea. Le aziende, dal canto loro, sono chiamate a rafforzare i controlli e a garantire che gli oli commercializzati siano non solo di qualità, ma anche sicuri per la salute.

Il ritrovamento di ftalati in oli di marchi rinomati, anche biologici, mostra quanto sia ancora fragile la catena di sicurezza alimentare. Servono test indipendenti più frequenti, regole più severe e una comunicazione chiara verso il pubblico. Solo in questo modo sarà possibile tutelare la fiducia dei consumatori e preservare l’immagine di un prodotto che da sempre rappresenta uno dei pilastri del made in Italy alimentare.

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